venerdì 13 settembre 2013

KALT: Moon (2009)


Inauguro oggi una nuova e, spero, interessante rubrica dedicata a tutti quei film che, pur non avendo avuto un successo di pubblico paragonabile ai grandi blockbuster, nel corso degli anni si sono ritagliati uno spazio nel cuore degli appassionati di Cinema, grazie alle loro qualità o al loro essere "diversi".
Con "Kalt" non intendo quei film considerati in modo unanime dei capolavori; l'idea che sta alla base di questo spazio è quella di (ri)scoprire opere che, per quanto mi riguarda, meritano di essere viste e amate.






Moon è un film curioso sotto molti punti di vista; andiamoli a vedere:

  • il regista è Duncan Jones; e chi è Duncan Jones? Beh, oltre ad essere l'autore di un altro interessante film a cavallo fra la fantascienza e il thriller, è conosciuto soprattutto per essere figlio di Ziggy Stardust.
  • si tratta di uno dei rari casi di film di fantascienza girato quasi interamente in interni e con un solo, vero protagonista (l'ottimo Sam Rockwell)
  • pur facendo parte di un genere di solito "spendaccione", per via in particolare degli effetti speciali, Moon è costato la "miseria" di 5 milioni di dollari e, cosa ancora più incredibile se si tiene conto del risultato finale, è stato girato in soli 33 giorni.  
Questo da solo, però, non basta per qualificarlo un piccolo gioiello; in realtà, ciò che più colpisce è la qualità assoluta di ogni elemento (scrittura, fotografia, effetti speciali, recitazione) e la bravura di Jones nel saperli dosare senza esagerare.
Io amo la fantascienza, sia nel Cinema che nella Letteratura, e amo soprattutto quella che viene definita "fantascienza classica", anche se far rientrare in questa categoria autori come Philip K.Dick e film come Alien è fuorviante e riduttivo.

La storia non è di per sè originale (un astronauta vive da anni solo in una stazione sulla Luna e, a causa di un incidente, scoprirà una inquietante verità); nè è originale il colpo di scena, che avviene prima della prima metà del film. A Jones non interessa scioccare o stupire il pubblico (come invece cerca di fare gran parte del cinema di fantascienza oggi), ma ricreare un ambiente ed una atmosfera che richiama un certo modo di fare genere.
I temi sono Dickiani e Kubrickiani, ma con un tocco personale: qui, ad esempio, l'intelligenza artificiale non è maligna o incontrollabile (tipo HAL 9000), ma si attiene alle Tre leggi della robotica di Asimov.

Moon possiede tutte le qualità che un amante della fantascienza vuole in un film, ma non stupisce che il grande pubblico non lo abbia premiato. In fondo si tratta di un genere declinato in modo minimale, senza quell'epica e quel catastrofismo/messianico-apocalittico tipico della Fantascienza del nuovo millennio.




mercoledì 4 settembre 2013

Elysium, la recensione









Quando è venuta fuori la notizia che il regista di District 9 avrebbe girato un film di fantascienza con protagonisti Matt Damon e Jodie Foster, ho pensato: "qui viene fuori un capolavoro o una schifezza".

Come (spesso) mi capita quando faccio previsioni, non ci ho preso: la verità è che Elysium è una sorta di versione aggiornata e hollywoodiana dei temi di District 9; e quindi non si tratta di un film epocale, ma di un lavoro onesto ed impeccabile, con una dose di politicamente scorretto che ci piace.

Blomkamp ama questo genere e ama gli effetti speciali (e si vede); soprattutto ci tiene a fondere nella maniera più verosimile possibile il futuro con il presente, pur raccontando storie per certi versi inverosimili, soprattutto nel loro sviluppo. La tecnologia avanzata che si vede in Elysium non è "pulita" e perfettina, ma puzza, si rompe, è imperfetta; la società qui rappresentata è transumanista, e il regista sudafricano ci tiene a farci sapere, e vedere, che una società del genere non può avere futuro se la componente umana, o per meglio dire "umanitaria", perde di valore.

Damon è credibile nel suo ruolo, anche se quella sua faccia da bravo ragazzo mal si concilia con il passato del protagonista; Jodie Foster, come al solito, impeccabile, in un ruolo antipatico e difficile. Ma la vera sopresa è l'attore feticcio di Blomkamp, Sharlto Copley, che qui interpreta un cattivo davvero molto cattivo e inquietante, la faccia oscura e nascosta del "nuovo Sistema".

Una pecca del film è l'eccessivo richiamo che si coglie nei temi, e addirittura in alcune scene ambientate sulla Terra, al precedente District 9; mi sarei aspettato, inoltre, maggior originalità nello sviluppo di alcune tematiche, ed invece Blomkamp sembra più interessato, a volte, a proporre un tipo di violenza estrema da videogame piuttosto che seguire strade diverse.

In ogni caso si tratta di un buon lavoro, soprattutto dal punto di vista tecnico e spettacolare; una fantascienza che certo più si avvicina a quella proposta dai film di Terminator, piuttosto che toccare temi filosofici in stile Solaris o 2001-Odissea nello spazio.

Trailer